DOLORE CRONICO

Il DOLORE CRONICO come qualsiasi tipo di dolore, può essere attivato o stimolato da una lesione organica, da un trauma  o da un danno tissutale, ma al contrario di quello ACUTO, si può perpetuare ed autosostenere da fattori lontani dalla causa originaria.

Il DOLORE CRONICO si prolunga per un periodo di tempo lungo ed è accompagnato da un basso livello di patologia di base che, da sola, non spiega nè la presenza, nè la persistenza, nè l’intensità del dolore.

Il prolungarsi del dolore fa sì che fattori psicoemotivi, affettivi e ambientali abbiano un peso maggiore nei casi di dolore cronico che in quelli di dolore acuto.

Poichè, come è noto, il nostro cervello subisce dei cambiamenti in base all’esperienza, l’espressione dolorosa potrebbe essere in grado di modificare l’attività cerebrale, così come il cervello stesso potrebbe influenzare il prolungarsi dell’esperienza dolorosa.

Il Dolore Cronico, diversamente da quello acuto, perde questa funzione biologica e protettiva ed acquista valore di malattia propria, diventando autonomo e nocico.

In linea generale, mentre il dolore acuto ha un significao adattativo, il dolore cronico ha un significato disadattativo.

Il dolore cronico è chimato “DOLORE MALATTIA” : il dolore perde la sua caratteristica di sintomo utile che attiva le reazioni protettive dall’evento nocivo e che serve al clinico per l’inquadramento diagnostico, e assurge esso stesso ad elemento primario del quadro morboso

 Spesso il dolore cronico è privo di un substrato organico o è sproporzionato rispetto all’organicità obiettiva, e non rappresenta più l’espressione epifenomenica di una lesionema diventa una vera e propria condizione patologica autonoma.

Il paziente con dolore cronico appare “malato di dolore” (Ercolani, 1997)

Il dolore cronico può diventare di gran lunga peggiore di quello del danno originario, e spesso tende a perseverare anche dopo l’estinsione della noxa primaria che l’ha procurato.

Il dolore cronico auemnta il rischio di DEPRESSIONE, così come la depressione aumenta il rischio di dolore cronico. pertanto, la depressione si osserva molto frequentemente nei pazienti con dolore cronico (Alschuler et al., 2008)

Il dolore Cronico, quindi, può alterare i meccanismi psiconeurobiologici della nocicezine e del dolore, associarsi frequentemente a sindromi ansiose e/o depressive, determinare un quadro generale disfunzionale e disadattativo. Infatti, il dolore cronico o ricorrente e/o il periodo d’immobilità ad esso frequentemente collegato, favoriscono una stato di disaddatamento funzionale che possiamo chiamare SINDROME DA DECONDIZIONAMENO: essa corrisponde ad un decondizionamento generale dell’organismo a carico di tutte le componenti centrali (neuroplasticità e modulazione centrale), periferiche (sistema muscolo-scheletrico) e metaboliche.

E’ lo studio di Apkarian et al. (2004)  sostenere l’ipotesi che periodi prolungati di dolore cronico possano logorare alcuni tipi di circuiti e comportare una perdita estesa di tessuto cerebrale. Gli studiosi hanno riscontrato che i pazienti con lombalgia cronica di origine neuropatica avevano volumi decisamente inferiori di tessuto cerebrale rispetto ai soggetti di controllo. la diminuzine del volume di materia grigia sembrava correlata alla durata del dolore. Secondo i ricercatori “L’entità di questa diminuzione è equivalente alla perdita di materia grigia in 10-20 anni di normale invecchiamento.”

 

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